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Foto di Vincenzo D’Alessio

Colli a Volturno


“Acque e comunità nella Valle del Volturno”

a cura di Centro Indipendente Studi Alta Valle del Volturno (CISAV-APS)

Ponte Raddi


Antico ponte romano medievale, foto fornita da Emanuel Raddi (anni ’30)

Ponte Raddi, Colli a Volturno (IS), foto di Giuseppe D’Acchioli (1986)

Ponte medievale dall’alto, foto fornita da Emanuel Raddi

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Intervista a Alba Rosa Morelli, Colli a Volturno, 6/10/2021

Il ponte Raddi è un ponte ad un’unica arcata che insiste sul fiume Volturno in un punto dove questi attraversa una sorta di piccolo canyon tra le pareti di monte San Paolo a destra e sulla sinistra la collina di Colli a Volturno. Costruito in prossimità di un importante snodo viario antico che collega l’arteria di via Roma all’entroterra sannita attraverso un passaggio obbligato, presenta, alla base dell’imposta dell’arco, grossi blocchi lapidei squadrati che inducono ad ipotizzare una prima edificazione in epoca romana. Più volte risistemato negli ultimi decenni anche a causa dei danni riportati durante la Seconda Guerra Mondiale, oggi è un luogo privilegiato dove godersi una spettacolare vista sul fiume Volturno, che in quel luogo rallenta il suo corso formando un bacino dove si possono osservare le centinaia di trote che costantemente lo popolano. Prende il nome dalla famiglia di mugnai che per oltre due secoli hanno abitato ed abitano nei pressi del ponte.

Mulino Raddi


Archivio famiglia Raddi

Il Mulino Raddi rappresenta il simbolo dell’epoca industriale e dello sviluppo del comune di Colli A Volturno, nei confronti del quale la comunità locale nutre sentimenti di affetto e nostalgico ricordo. La sua costruzione lungo la sponda destra del fiume Volturno venne approvata dal decurionato di Colli, mediante regolare delibera, nel 1829 e
realizzata nel 1830 dal sacerdote don Ludovico Bernardo, più tardi ceduto alla famiglia Raddi. In funzione per oltre un secolo, nel 1930 fu inserito nella lista degli espropri, con un risarcimento di lire 20.000 per la sua elettrificazione, in previsione della realizzazione di un lago artificiale poco più a monte, progetto che tuttavia non fu mai eseguito. Nel novembre 1967 venne travolto da un’alluvione che lo devastò distruggendo la copertura, le tramogge, le attrezzature e rendendolo praticamente inservibile. Fu sostituito in seguito, dalla stessa famiglia Raddi, da un mulino elettrico posto nelle vicinanze.

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Audio intervista ad Alba Rosa Morelli Colli a Volturno, ottobre 2021

Rappresenta un classico esempio di mulino ad acqua, che sfruttava la forza motrice offerta dal fiume Volturno per mettere in azione l’apparato molitorio necessario a produrre la farina. L’acqua veniva incanalata ed indirizzata verso il fondaco del mulino, nel vano della ritrecine, dove azionava i rotori che consentivano l’azione delle tre macine: una per il frumento, una per il granone e una per le granaglie, che si trovavano nella sala della molitura, sotto il piano in cui i contadini usavano pulire i cereali. La varietà di frumento che più si coltivava nella zona era la sulina, una tipologia di grano tenero molto comune in Abruzzo e Molise, facile da molire e particolarmente adatto alla panificazione.

Oggi, sebbene il mulino non eserciti più la sua funzione tecnologica, continua ancora a dare valore ad un’area già carica di fascino dal punto di vista naturalistico. La stretta gola tra le rocce che il fiume attraversa, alternando momenti di impeto e di stasi della corrente, crea delle aree atte alla balneazione, che richiamano i giovani nella stagione estiva. Così per tutto il paese quella ai piedi del mulino Raddi è la “spiaggetta”, dove ci si reca nelle giornate più calde per fare “il bagno al fiume”.

Oggi la famiglia Raddi si sta adoperando per una valorizzazione della struttura e dell’area in generale. Uno dei progetti più interessanti vede nel mulino una possibile sede del museo della civiltà contadina dell’Alta Valle del Volturno, presidio di conoscenza e salvaguardia di saperi altrimenti destinati all’oblio.

Il Mulino Raddi oggi, foto di Emilio Angelone (2021)

Il Fosso dei Mozzoni

“Gliə məzzùnə”


Famiglia D’Alessio, foto di Giovanni D’Alessio (1984)

La località Fosso dei mozzoni, in dialetto locale “gliə məzzùn” (dalla riduzione “i mozzoni”) è sita ai piedi del paese, nella zona sud est di Colli A Volturno e prende probabilmente il nome dalla presenza di due rivoli stagionali che, unendosi in un unico rivo – il quale scorre in un ‘fosso’ naturale – convogliavano le acque piovane verso il fiume Volturno. Il corso del fiume attraversa infatti la località raggiungendo un impianto destinato all’opera di presa a scopo irriguo. Durante i mesi estivi, il luogo si trasformava in una vera e propria “piscina pubblica”, dove anche gli abitanti dei paesi limitrofi andavano a rinfrescarsi e a fare il bagno nel fiume. Si racconta che, a causa della forte corrente che di rado veniva creandosi, è anche accaduto in un’occasione che un ragazzo fosse trasportato via, riuscendo però ad uscire dall’acqua indenne.  In passato, molti pastori erano soliti condurre le greggi di pecore nei punti della località attraversati dal fiume, al fine di consentire il lavaggio della lana prima della tosatura.

Nella zona è inoltre presente una conduttura ormai dismessa (un canale di restituzione) della centrale idroelettrica dell’Enel proveniente dalle Sorgenti del Volturno dove, fino agli anni ’70 e ’80, molti abitanti andavano a rifornirsi di acqua potabile. La raccolta veniva effettuata per mezzo di fiaschi che venivano poi trasportati a bordo di un asino, a seguito dell’attraversamento – a volte anche rischioso – del corso del fiume.

Famiglia D’Alessio, foto di Giovanni D’Alessio (1984)

Fontana di Piazza San Leonardo


Fontana di San Leonardo, foto fornita da Emanuel Raddi (anni ’50)

Avanguardisti in Piazza San Leonardo, 24 maggio 1928. Foto di Domenico Marzullo

Attuale fontana di San Leonardo, foto di Emilio Angelone (2021)

La Fontana di San Leonardo, presente nell’omonima piazza a Colli a Volturno (IS), era strettamente collegata alla chiesa extramurale di San Leonardo, edificio fondato intorno all’XI secolo lungo un importante incrocio stradale che collegava la Puglia con l’Abruzzo ed il Lazio. Tale arteria era percorsa dai pastori che conducevano gli armenti a svernare nalle pianure del Tavoliere per poi tornare in primavera ai freschi pascoli estivi delle Mainarde ma anche da pellegrini che da San Michele del Gargano raggiungevano San Pietro a Roma. Fuori le mura di Colli, in un luogo denominato “il Campo”, si costituì così il complesso di chiesa, fontana pubblica ed hospitale per accogliere e rifocillare pastori, pellegrini e mercanti che frequentemente transitavano nel territorio per raggiungere altre mete. La fontana oltre ad essere funzionale per la chiesa, in quanto molti riti, quali il battesimo o la benedizione, prevedono l’utilizzo di acqua consacrata che sovente veniva prelevata proprio da questa fonte, era indispensabile per i viaggiatori che ne approfittavano per rigenerarsi lungo il cammino. Sebbene non abbiamo testimonianze circa la tipologia, certamente la fonte doveva essere dotata di una vasca per abbeverare il bestiamenei periodi di transumanza, quando la piazza antistante alla fontana diventava un luogo di mercato, nel quale pastori e mercanti commerciavano animali e merci con i residenti.
Dopo l’Unità d’Italia la fontana venne monumentalizzata e dotata di 3 cannelle nella parte anteriore, ma intorno agli anni ‘60 del secolo scorso venne demolita e timidamente sostituita dal fontanino che si vede ancora oggi e che purtroppo non rende giustizia alla storica fontana. Oggi come ieri, sebbene sia stata ridimensionata come elemento architettonico, occupa un posto particolare nell’immaginario della comunità collese tanto da aver fatto nascere, alcuni anni fa, il “Comitato Per La Fontana di Piazza San Leonardo di Colli a Volturno”, un’iniziativa sociale tesa alla sua ricostruzione.

Mulino Andreucci


Resti del Mulino Andreucci, spazi interni. Foto di Emilio Angelone (2021)

Resti del Mulino Andreucci, portale di accesso. Foto di Emilio Angelone (2021)

Il mulino Andreucci si trova sulla sponda sinistra del fiume Volturno in località “la Ianara”. Costruito nel 1885, come ricorda la chiave di volta della porta di accesso, era certamente operativo nel 1930 quando per la sua elettrificazione fu previsto un rimborso di lire 15.000 dall’Ente Autonomo Volturno che intendeva realizzare un lago artificiale 1 km più a monte. Anche se l’opera non fu più realizzata, il mulino dovette cadere in disuso nei decenni successivi a giudicare dallo stato in cui versa attualmente, completamente distrutto ed inglobato nella boscaglia. Si trattava di un mulino azionato dalla forza motrice dell’acqua del fiume Volturno che veniva incanalata a poche decine di metri ed indirizzata nel fondaco dove azionava le pale di legno del ritrecine e quindi le macine al piano superiore. Oggi il mulino Andreucci, sconosciuto alla maggior parte della popolazione locale, è completamente inglobato nel bosco. L’accesso ai locali è reso impossibile dalle condizioni in cui versa la struttura, dove le coperture sono crollate e gli alzati risultano pericolanti. Le condizioni della struttura non consentono di immaginare un investimento per la messa in sicurezza e la salvaguardia del mulino, ma un rilievo puntuale della struttura consentirebbe una migliore lettura ed interpretazione, anche sociale, dell’impianto molitorio.

Resti del Mulino Andreucci, spazi interni. Foto di Emilio Angelone (2021)

La Fonte di Casali


Fonte di Casali a Colli a Volturno (IS), foto di Mirco Di Sandro (2021)

Dettaglio iscrizione della fonte di Casali, foto di Mirco Di Sandro (2021)

La fonte di Casali ha rappresentato per decenni, soprattutto tra gli anni Quaranta e Settanta del secolo scorso, un punto di riferimento per gli abitanti della frazione di Casali, nel territorio di Colli a Volturno (IS). Molti collesi raggiungevano la località casalese per raccogliere l’acqua della fonte, rinomata in tutto il paese per l’eccezionale qualità, “tiepida in inverno e freschissima d’estate”, come ricorda Carmine Incollingo.

La fonte prevede un’iscrizione con la data 1938, anno della sua realizzazione, e si compone di tre cannelle, di cui una leggermente più grande rispetto alle altre due. Era dotata, inoltre, di un lavatoio composto da una lastra scoscesa in cemento, utilizzata dalle donne per lavare i vestiti, e di una sorta di serbatoio che periodicamente veniva ripulito per evitare l’ostruzione a causa di detriti o foglie e la presenza di impurità all’interno dell’acqua. A sinistra di essa, erano presenti un abbeveratoio per gli animali, utilizzato soprattutto da buoi e asini, ed un’ulteriore vasca, di modeste dimensioni, che permetteva una sosta per dissetarsi sia agli uomini che agli animali di passaggio.

Video intervista a Carmine Incollingo Colli a Volturno, 11/10/2021

Fonte Afarolfo

“Fonte Rafaruolo”


Fontanella prossima alla ex Fonte Rafaruolo, foto di Emidio Ranieri Tomeo (2021)

Lastra di marmo posta sull’edificio in prossimità della fontanella, foto di Emidio Ranieri Tomeo (2021)

La Fonte Afarolfo (meglio conosciuta col nome dialettale di ‘Fonte Rafaruolo’ o ‘Afaruolo’) era la fonte principale della frazione Valloni di Colli a Volturno (IS). In passato era utilizzata come fonte di approvvigionamento di acqua potabile – che veniva raccolta con fiaschi o damigiane. Attualmente la fontana non è più visibile in quanto è stata sostituita da un serbatoio di raccolta dell’acqua, posto sotto l’attuale strada di via Valloni. A seguito del terremoto nel 1984, fu costruito un prefabbricato in prossimità della fonte, un centro Caritas dedicato a San Michele Arcangelo, per consentire agli abitanti di Valloni di partecipare alle funzioni eucaristiche. A seguito di questo evento, parte dell’acqua della fonte ‘Rafaruolo’ fu condotta verso una fontanella, per assistere le attività del centro. È per questa ragione che spesso la fonte è chiamata, anche dai più anziani, “fonte San Michele”.

Fontə Macìgliə


Fontə Macìgliə, foto di Emidio Ranieri Tomeo (2021)

Fontə Macìgliə, foto di Emidio Ranieri Tomeo (2021)
La Fontə Macìgliə è una delle fonti presenti nel territorio di Colli a Volturno (IS) da cui prende il nome anche la località. Il nome deriva dal fatto che in prossimità della fonte vi abitava la famiglia soprannominata “Macìgliə”, unica presente nella zona. Oltre alla famiglia omonima, la sorgente ha servito come fonte di approvvigionamento d’acqua potabile molte famiglie della frazione di Valloni, in passato come in tempi più recenti. Persino tuttora molte persone vi raccolgono l’acqua da bere. La fonte presenta una cannella (oggi un rubinetto) da cui sgorga l’acqua e un lavatoio. Successivamente sono stati costruiti anche dei gradoni in cemento per facilitare l’arrivo delle persone. La famiglia “Macìgliə”, così come i pastori di passaggio, vi conducevano gli animali ad abbeverarsi. Inoltre, era utilizzata dalla famiglia anche per irrigare i propri orti.

Fonte di Attilio


Fonte di Attilio, Colli a Volturno, foto di Emidio Ranieri Tomeo (2021)
Fonte di Attilio, Colli a Volturno, foto di Emidio Ranieri Tomeo (2021)
La fonte di Attilio (in passato conosciuta come Fonte Antonelli) è una piccola fonte d’acqua sorgiva che nasce in un terreno privato adiacente alla ex via Romana, nella località Castiglione (in dialetto “gliə Casctgliùnə”). A causa della scarsità di acqua nei periodi di siccità, il proprietario del terreno, Attilio Angelone, in accordo con agli abitanti del posto, decise di condurre la fonte poco più a valle, in prossimità della strada sottostante che conduce da Colli a Volturno a Scapoli (la già citata ex via Romana), al fine di mettere l’acqua a disposizione di tutti gli abitanti. Fu infatti costruito un cunicolo in pietra che conduceva l’acqua in una piccola vasca in pietra (un pilone, in dialetto “pəlònə”). Da qui, per mezzo di alcuni avvallamenti, l’acqua raggiungeva i campi di molti coltivatori locali. Ciò nonostante, la fonte non era utilizzata soltanto a scopo irriguo, ma anche per l’approvvigionamento d’acqua potabile.
Inoltre, le donne della frazione Castiglione raggiungevano la fonte anche per lavare i panni. Durante i lavori di ammodernamento della strada adiacente, si pensò di rimuovere la fonte ai fini dell’allargamento della via, ma il signore Attilio la difese strenuamente garantendone la conservazione. Col passare degli anni, Attilio, ormai unico anziano coltivatore nella zona, rimase il solo ad usufruire dell’acqua della fonte Antonelli, occupandosi della sua pulizia e della sua custodia sino alla sua scomparsa. Vi collocò anche due coppi (in dialetto “pìncə”) a direzionare il flusso dell’acqua. Molti degli abitanti ricordano la sua abitudine di lasciare un bicchiere di vetro da vino sulle vicine pietre (divenuto quasi un simbolo della fonte stessa), utilizzato per bervi tutti i giorni durante le pause scandite dal lavoro in campagna. Per questa serie di ragioni la fonte è oggi notoriamente conosciuta come la “fonte di Attilio”. Il figlio tuttora si occupa della sua pulizia e della manutenzione, conservando un profondo legame affettivo col luogo, che ha tramandato anche ai propri figli.