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Foto di Alfonso Notardonato

Castel San Vincenzo


“Acque e comunità nella Valle del Volturno”

a cura di Centro Indipendente Studi Alta Valle del Volturno (CISAV-APS)

Fonte Morillo


Fonte Morillo da Notardonato (2013)

Delibera comunale relativo alla “Sistemazione della fontana pubblica – fonte Morillo – Approvazione della spesa” da Notardonato (2013)

La Fonte Morillo (in dialetto locale “La Fontә Mәriglia”) è sita ad un’altitudine di 645 metri sul livello del mare, nell’area sudest del comune di Castel San Vincenzo, nella località denominata San Nicola. Una dettagliata descrizione del sito, comprensiva di dettagli storici ed elementi legati agli usi della comunità locale, si rintraccia nello studio di Maria Notardonato su “Castel San Vincenzo e le sue sorgenti” (2013, pp. 18-20).

«Si tratta di una delle testimonianze materiali più antiche appartenenti all’originario borgo di “Castellone”. Tra la documentazione di archivio, troviamo una delibera comunale che ne attesta un intervento di riparazione nell’anno 1921.

Al 1934 invece si riferisce una citazione secondo cui “Morillo, (l/s0,62 l’11-8-934) che sgorga in terreno misto a roccia a valle dell’Abitato di Castel San Vincenzo e che viene adibita all’alimentazione idrica di detto Comune”.

Stando alle testimonianze dirette, raccolte attraverso i racconti delle persone anziane del paese, si tratta del “lavatoio pubblico”, di origine antica ma utilizzato fino a tempi recenti, soprattutto per lavare capi e oggetti ingombranti, come coperte, lenzuola, lana di pecora, e contenitori e strumenti per la macellazione di animali, come ad esempio il maiale.

Dal punto di vista architettonico, il lavatoio è costituito da due capienti vasche. Nella prima, quella poggiata alla parete rocciosa, l’acqua sgorga generosa da due cannelle e da una cavità, collocata al centro, per poi defluire nella seconda vasca, il vero e proprio lavatoio, formata da un piano inclinato, anch’esso in pietra. Da qui l’acqua, sempre abbondante, fuoriesce attraverso una cavità, presente nell’angolo di innesto con la prima, e continua il suo circolo.

Lo spazio antistante è pavimentato con lastroni in pietra locale e delimitato da un muro, poggiato anch’esso alla parete rocciosa. Aldilà del muro si trova la vasca che riceve l’acqua. Nella parte alta troviamo una radura che veniva utilizzata per far asciugare il bucato».

Riferimenti e approfondimenti:

Notardonato M. (2013), Castel San Vincenzo e le sue sorgenti, Agr Editrice, Campobasso.

Di Silvestro M. (2021), “Alla fonte”, in Della mia infanzia. Racconti e memorie degli anni ’40 del XX secolo, Volturnia Edizioni, Cerro Al Volturno, pp. 56-60.

Fonte di San Vincenzo


La Fonte di San Vincenzo è nota semplicemente come “La Fontә”, proprio ad indicare la sua rilevanza assoluta e la sua centralità per coloro che vivevano nel centro abitato del comune. Della sua composizione e della sua storia, ci offre un’accurata descrizione Maria Notardonato, nel suo volume “Castel San Vincenzo e le sue sorgenti” (2013, pp. 22-27):

La Fonte di San Vincenzo, da Notardonato (2013)

«si colloca ad ovest dell’abitato di Castel San Vincenzo, in quello che originariamente era il territorio appartenente al comune di San Vincenzo. Da un punto di vista architettonico, la fonte, si caratterizza per la presenza di due grandi archi a tutto sesto, realizzati in pietra calcarea locale. La muratura, anch’essa in calcare-­travertino locale, presenta conci ben squadrati di medio­-grosse dimensioni, posti in filari regolari ben visibili nell’arco. Da qui, attraverso due cannelle, ancora sgorga generosa l’acqua. Anche le vasche di raccolta dell’acqua ed i conci del basamento si presentano ben lavorati, testimoniando ulteriormente la cura data alla realizzazione di tale struttura.

Originariamente l’arco, che oggi è situato sul terrapieno, doveva probabilmente ospitare una vasca/lavatoio, il cui perimetro è ancora visibile sul piano di calpestìo. Questa fonte è da sempre ricordata come la principale fonte di approvvigionamento dell’acqua per il paese. Come infatti risulta dalle testimonianze fotografiche, ci si recava presso di essa con “tine” e “barili” per portare l’acqua nelle abitazioni. Il manufatto è ascrivibile cronologicamente agli inizi del 1700. Al 1812 si riferisce un documento in cui si concede l’autorizzazione al sindaco di San Vincenzo da parte dell’Intendenza di Piedimonte a “far eseguire la perizia per gli accomodi necessari, prevonendovi, che detta perizia dev’essere in tutto uniforme a quanto vien prescritto nel Giornale dell’Intendenza” riportando le spese per le opere da effettuare. Altra testimonianza cronologica, più tarda, la troviamo in un’iscrizione leggibile nella muratura posta a barriera della viabilità provinciale, cronologicamente successiva alla struttura oggetto di indagine, sulla quale è riportata una datazione al 1876».

Particolare dell’iscrizione (A.D. 1876) collocata nel muro che delimita la strada principale, da Notardonato (2013)
Tre donne di Castel San Vincenzo in Via della Chiesa che sorreggono i barili con l’acqua. Foto degli anni ’60 da Notardonato (2013)
Alla fonte, archivio famiglia Giampaolo da Notardonato (2013)
“Tranne le poche famiglie di un certo censo che potevano permetterselo e che si avvalevano di portatori d’acqua dietro compenso, le altre erano costrette a provvedere direttamente, recandosi alla fonte che distava una quindicina di minuti dal paese. Vi si recavano prevalentemente con i somari, qualcuno a piedi, portando barili di legno di faggio della capienza di 10-12 litri. Gli animali potevano caricarne sui basti, legati con le corde, dai 4 ai 5, mentre le donne trasportavano sulla testa la conca di rame o il barilotto, senza aiutarsi con le mani e tenendoli in equilibrio, dopo averli adagiati su una spara di stoffa avvolta a ciambella”
Di Silvestro M. (2021, p.56)
Video intervista A Mimmo Di Silvestro Castel San Vincenzo, 02/10/2021

Riferimenti e approfondimenti:

Notardonato M. (2013), Castel San Vincenzo e le sue sorgenti, Agr Editrice, Campobasso.

Di Silvestro M. (2021), “Alla fonte”, in Della mia infanzia. Racconti e memorie degli anni ’40 del XX secolo, Volturnia Edizioni, Cerro Al Volturno, pp. 56-60.

Lago di Castel San Vincenzo


Lago di Castel San Vincenzo, foto di Pasquale Castaldi (2021)

Vincenzo Ranieri Tomeo e Domenica Ialongo al Lago di Castel San Vincenzo, foto fornita da Domenica Ialongo (1985)
Lago di Castel San Vincenzo, foto di Pasquale Castaldi (2021)
Vincenzo Ranieri Tomeo e Domenica Ialongo al Lago di Castel San Vincenzo, foto fornita da Domenica Ialongo (1980)
Il Lago di Castel San Vincenzo è un invaso artificiale realizzato nel 1956 al fine di alimentare la centrale idroelettrica di Rocchetta al Volturno. Infatti, tra il 1948 e il 1958, l’Ente Autonomo Volturno, per rispondere alle richieste energetiche del dopoguerra, sotto la guida dell’ing. Luigi D’Amelio e la direzione tecnica dell’ing. Guido Bourelly, progetta e realizza un piano generale di utilizzazione della risorsa idrica del bacino dell’Alto Volturno. Il piano, denominato ‘Rio Torto’, prevedeva la costruzione di una prima opera idraulica di regolazione dei deflussi rilasciati dai Monti della Meta, in località Montagna Spaccata (comune di Alfedena). La stessa acqua, dopo aver alimentato la centrale elettrica di Pizzone, sarebbe poi stata convogliata nel lago di Castel San Vincenzo. L’invaso, realizzato mediante la costruzione di una diga in terra battuta, nasce sbarrando il corso del Rio Salzera. Da lì, attraverso una galleria sotterranea (lunga 1.893 metri con un diametro di 2 metri), l’acqua raggiunge la condotta di alimentazione dell’unica turbina presente nella centrale di Rocchetta al Volturno, posta nei pressi delle Sorgenti del Volturno. In un recente studio, l’ing. Nicola Ranieri (2021:33-36) ha riportato alla luce un progetto dell’E.A.V., risalente al 1930, che dimostra come un simile invaso artificiale fosse stato inizialmente pensato per il territorio di Colli a Volturno, per varie ragioni poi condotto a Castel San Vincenzo.
Sebbene sia un bacino artificiale, il Lago di Castel San Vincenzo, sin dai suoi primi anni, è divenuto meta prediletta di moltissimi abitanti dell’Alta Valle del Volturno, i quali nei giorni festivi, e particolarmente nel periodo estivo, vi trascorrevano piacevoli momenti di svago, comprese alcune attività di pesca. La strada sterrata che costeggia il lago (di circa 5 km) è frequentata da moltissimi passeggiatori e corridori locali. È tuttora presente anche un percorso fitness, purtroppo inutilizzabile a causa del suo pessimo stato. Recentemente, il tragico fenomeno della pandemia da Covid-19 e i relativi protocolli di sicurezza governativi, hanno fatto sì che il Lago diventasse meta ambita da moltissimi turisti, soprattutto di fuori regione, i quali hanno inevitabilmente sovraccaricato la sostenibilità del luogo e impattato sul suo equilibrio naturalistico. L’evento ha avuto una forte risonanza mediatica.

Paesaggio Lacustre, dipinto di Ciro Lucariello (2003)
Dall’agro al lago di Castel San Vincenzo Elaborazione grafica CISAV

Riferimenti e approfondimenti:

Di Sandro M. (2021), “Partire dall’estate 2020: per uno studio sul turismo nell’area delle Mainarde” in Saperi territorializzati: una raccolta di studi brevi sull’Alta Valle del Volturno, CISAV.

Paolone T. et al. (2009), Il lago di Castel San Vincenzo e l’antica terra vulturnense, Volturnia edizioni.

Ranieri N. (2021), “Il Secondo Salto Volturno e il lago artificiale di Colli a Volturno” in Saperi territorializzati: una raccolta di studi brevi sull’Alta Valle del Volturno, CISAV.

Santillo D. (2019), “La Sorgente Capo Volturno. L’uso della risorsa idrica per la produzione di energia elettrica nel contesto dell’Alta Valle del Volturno” in Rufo E. (a cura di), Rocchetta a Volturno, ArcheMolise (gennaio/aprile 2019), no. 33, anno X.

Cartiera San Bernardo


Cartiera San Bernardo da F. de Vincenzi (2021)

La Cartiera San Bernardo rappresenta un “monumento industriale” di alto valore per l’Alta Valle del Volturno ancora oggi perfettamente conservato e visitabile. La sua affascinante storia è così descritta dall’architetto Francesco de Vincenzi (2021, pp. 27-28):

«L’antico stabilimento sorge in località Cartiera “[…]presso il Ponte d’Ischia, in quel di Castellone al Volturno; […]ove i Martino da tempo immemorabile avevano il libero uso di tutta l’acqua, che vi si immetteva dalla sponda sinistra del fiume, e serviva oltre all’irrigazione, ad azionare diversi loro opifici e meccanismi per produzioni agricole ed industriali: mulino, gualchiera, frantoio, lanificio, segheria di marmi, cartiera”.  

Risalente al 1850 circa, originato da un preesistente mulino seicentesco, l’Opificio intorno al 1875 viene ampliato e rinnovato nei macchinari da Bernardo Martino nell’intento di evolvere la produzione da manuale a meccanica. È facile che la pianificazione del progetto di miglioramento tecnologico della ex manifattura, basato soprattutto sull’adozione di una “macchina continua per carta”, sia frutto della consulenza di Louis Verdée il tecnico francese giunto da Isola del Liri che dirige per numerosi anni l’Opificio stesso. Alla figura del Verdée dovrebbe essere collegato anche l’importante accordo stilato qualche anno dopo con il comparto delle cartiere del Liri, riconducibile alle strategie utili per affrontare la crisi di mercato del periodo, attraverso il quale l’Opificio Martino assumeva la specifica nella fabbricazione della carta velina destinata soprattutto alla confezione degli agrumi di lusso e da esportazione.
Lapide del 1903 da F.de Vincenzi (2015)
Veduta anni ’30 da F. de Vincenzi (2015)
Sala delle pile e dei raffinatori olandesi (1920 circa) da F. de Vincenzi (2021)
La gestione della Cartiera sul finire dell’800 passa al figlio di Bernardo, l’ingegnere e Maestro d’Arte Federico Martino, il quale attua una rivisitazione dell’impianto che nel 1903 assume il nome di Cartiera San Bernardo. La conduzione del Martino resta subordinata alle continue difficoltà di mercato e anzitutto, alla mancanza in loco di un sistema viario adeguato al trasporto di materie prime, combustibile e del prodotto finito, tant’è vero che l’ingegnere propone un proprio progetto con cui auspica la realizzazione di un tronco ferroviario collegante l’Alta valle del Volturno con l’area di Isola del Liri e la linea ferroviaria Roccasecca-Avezzano. Nonostante tali avversità, la Cartiera continua la produzione fino al 1920, quando va a regime “L’Officina elettrica dell’Ente Volturno”; la centrale impone una diminuzione nella portata di acqua del Volturno tale da inibire il movimento delle macchine dell’opificio San Bernardo, ciò ne decreta la fine storica del ciclo produttivo».
Disegno ad acquerello del 1722, conservato presso l’archivio dell’Abbazia di Montecassino (digitalizzazione di F. de Vincenzi)

Riferimenti e approfondimenti:

Cardi L. (1985), “I disegni acquerellati dei possedimenti di San Vincenzo al Volturno nel secolo XVIII e la cartografia contemporanea napoletana” in Atti del I convegno di studi sul medioevo meridionale, Montecassino.

de Vincenzi F. (1990), “La cartiera San Bernardo a Castel San Vincenzo e la Fabbricazione a mano della carta in Isernia”, in Almanacco del Molise vol.1, Ed. Enne, Campobasso.

de Vincenzi F. (2010), “La cartiera San Bernardo a Castel San Vincenzo” in Archeomolise n°6, Associazione Culturale Archeoidea, ed. Grafica Isernina, Isernia.

de Vincenzi F. (2015), “La cartiera di Castel San Vincenzo”, in A.A. V.V. Atlante tematico delle acque del Molise, AGR Editrice, Ripalimosani.

de Vincenzi F. (2021), “La cartiera San Bernardo a Castel San Vincenzo. Storia e architettura di un episodio di archeologia industriale del Mezzogiorno posto alle sorgenti del Volturno”, in Saperi territorializzati. Una raccolta di studi brevi sull’Alta Valle del Volturno, CISAV.

Cascate del Volturno


Le Cascate del Volturno, foto di Nicola Gualano (2020)

Le Cascate del Volturno, foto di Nicola Gualano (2020)

Le Cascate del Volturno nascono dalla confluenza del fiume Volturno con il torrente Rio, a sua volta confluenza dello Iemmàre (proveniente dalla displuviale del Sangro) del Rio Colle Alto (che, dopo la gola di San Michele, riceve il Rio Vigna Lunga). Infatti, è il luogo dove le acque del Volturno, dopo l’attraversamento della piana di Rocchetta, precipitano a causa della improvvisa pendenza. Fino ai primi anni dello scorso secolo, nell’area vi erano numerosi opifici (una cartiera, due mulini, un marmificio, una segheria e un lanificio) di proprietà della famiglia De Martino. La deviazione del corso del fiume per alimentare la centrale idroelettrica di Rocchetta a Volturno sancì la definitiva chiusura delle officine presenti, di cui oggi restano ruderi. Il luogo, prima della sua recente pubblicizzazione, era conosciuto soltanto da pochi abitanti di Castel San Vincenzo e, forse, dei paesi limitrofi. In precedenza, per la loro collocazione in prossimità della località La Cartiera, erano meglio conosciute come “Le Cascate della Cartiera”. A seguito della pubblicazione, a maggio 2020, di alcune foto scattate da un abitante di Castel San Vincenzo, Nicola Gualano, col titolo di “Cascate del Volturno”, il sito ha subito attirato l’interesse di moltissimi visitatori, locali e no. Si pensi che un video pubblicato dall’autore su Facebook raggiunse nel giro di poco tempo più di 90.000 visualizzazioni. Le orde di turisti che, invadendo il terreno privato da dove è possibile accedere al luogo, ne minacciavano la natura, hanno portato ad un recente progetto di riqualifica dell’area da parte di alcuni ragazzi di Castel San Vincenzo. Ne parlano gli stessi qui di seguito:

“Siamo una ASD che nasce dalla passione di tre ragazzi per il Molise e le sue bellezze. Mi chiamo Marco e sono colui che ha avuto l’idea di dare valore a questo luogo che da qualche anno, per caso o per fortuna o solo perché così doveva essere, è stato scoperto dai turisti che si sono stupiti delle bellezze naturali e dei borghi di cui il Molise è culla da sempre. Ho quindi cercato due compagni di viaggio che condividessero la mia idea, Italo e Paola, e insieme abbiamo costituito una ASD. L’era dei social, delle foto e del “pubblicare tutto” ha portato alla scoperta di luoghi incantati ed incontaminati come le Cascate del Volturno che esistono da sempre e che da sempre sono state oggetto dei racconti dei nostri genitori, ma che erano rimaste lontane dall’occhio dell’uomo. Purtroppo, però, a volte l’uomo non è pronto alla scoperta di certi luoghi e per tutto il tempo che sono state frequentate senza una protezione, sono state spesso oggetto dell’inciviltà e della non curanza dello stesso. Lo scorso anno, a fine settembre 2020, i proprietari del terreno che consente l’accesso alle Cascate, nonostante abbiano visto il loro fondo in condizioni pessime, hanno preso la decisione di non chiudere il passaggio, poiché sarebbe stato un peccato precludere alle persone di godere della bellezza della natura, ma non hanno più voluto tollerare la mancanza di rispetto verso luoghi che per loro sono ricordi e famiglia. Quel terreno è luogo di storia, vi sorge ancora un vecchio lanificio di fine ‘800, purtroppo per ora coperto dalle siepi, ma che è stato importante nel passato per la popolazione locale e che è nell’intenzione dei proprietari riportarlo alla luce per farne luogo di riposo e ristorazione di chi vorrà trascorrervi del tempo. Hanno quindi voluto creare un’opportunità per noi ragazzi, offrendoci la possibilità di prenderci cura dei loro terreni, dell’ambiente ed anche della Cascata, che per quanto sia un bene pubblico, va protetta. Ci siamo quindi rimboccati le maniche, abbiamo lavorato duro tutto l’inverno, ripulito i terreni ed il corso del fiume, abbiamo creato una piccola area ristoro e in questo 2021 abbiamo iniziato ad accogliere i turisti. È nostro impegno migliorarci ancora per il prossimo anno, sempre con l’obiettivo di curare il territorio e proteggerlo.”

Riferimenti e approfondimenti:

Tratto balneare Rio Iemmare


M.C. Escher seduto sulle pietre del Rio Iemmare il 27 maggio 1929, foto della Fondazione MC Escher Baarn Olanda, pubblicata dalla Fondazione PescaraAbruzzo nel catalogo “l’Abruzzo di Escher”, fornita da Palmira Carracillo

M.C. Escher con l’amico svizzero Haas Triverio sulle sponde del Fiume Volturno, con Castel San Vincenzo sullo sfondo il 29 maggio 1929, foto della Fondazione MC Escher Baarn Olanda, pubblicata dalla Fondazione PescaraAbruzzo nel catalogo “l’Abruzzo di Escher”, fornita da Palmira Carracillo
Il Rio Iemmare è il rio che, provenendo dalla displuviale del Sangro, attraversa successivamente il territorio dell’Alta Valle del Volturno: dal Pianoro Campitelli, nel comune di Alfedena (AQ) giunge infatti nei comuni di Pizzone (IS) e Castel San Vincenzo (IS). Lungo il suo corso si creano tante zone balneabili, le quali, fino al secolo scorso, erano frequentate a scopo ludico da molti degli abitanti locali. Alcune delle zone presenti nel comune di Castel San Vincenzo erano “vulghə Stuortə”, “vulghə San Giovanni” e “vulghə Sulmona”. Questi momenti di svago divenivano per i giovani anche occasioni di scoperta della propria sessualità in rapporto a quella altrui (come afferma Mimmo Di Silvestro nella videointervista). Inoltre, ci sono testimonianze del passaggio del noto artista Maurits Cornelis Escher, il quale, tra il 1929 e il 1930 compì un viaggio in Abruzzo incidendo anche alcune vedute del paesaggio dell’Alta Valle del Volturno.
Rio Iemmare, foto di Alfonso Notardonato
Videointervista a Mimmo Di Silvestro Castel San Vincenzo, 02/10/21

Riferimenti bibliografici e sitografia:

Evangelista T. (2019: 63-73), “Artisti e viaggiatori nell’Alta Valle del Volturno” in Rufo E. (a cura di), Rocchetta a Volturno, ArcheMolise (gennaio/aprile 2019), no. 33, anno X.